da l'Avanti, 17 maggio 1953
[…] si tratta effettivamente della migliore mostra che il Sadun ci abbia proposto: quell'immancabili accenti di personale soddisfazione vi risultano più saldamente fondati nel non facile assunto formale, nel vigilatissimo ma tutt'altro che stentato complesso delle soluzioni.
L'assunto è quello di immettere nella fredda schematica del linguaggio cubista-astrattista per se stesso tendente all'autonoma traduzione metrica e alla dispersione delle forma reali, un preservante interesse per l'oggettiva presenza e consistenza plastica di quelle forme e per le funzioni dell'ambiente in cui si trovano accolte.
L'ideale figurativo, insomma, di un sintetismo che (Sadun ne ha chiara coscienza) contemperi, per così dire, il tendenziale realismo di un Braque col tendenziale astrattismo di un Morandi. Nei limiti di tale assunto, con qualità innate di gusto e attenta elaborazione di mezzi, Sadun ha portato i due temi del Gatto e della Natura morta con cristalli a espressioni e variazioni di personale carattere unitario, in opere di evidente prestigio.
I molti accorgimenti metrici (assi centrali non stabiliti dall'aggruppamento degli oggetti, ma ricavati nel tessuto cristallografico della figurazione; l'accentuata logica compositiva delle nature morte secondo l'orizzontalità o la verticalità delle inquadrature), non disturbano, e appaiono necessari, diremmo, in una pittura di carattere riflesso come è questa. Ma non tanto riflessa, non tanto imbrigliata nelle sue premesse intellettualistiche e programmatiche da sminuire il pregio della bella invenzione cromatica – gialli, blu, grigi, bruni, bianchi- o trattenere il pittore, abile contrappuntista, da momenti (è meglio forse diremmo da conclusioni) di più libero accordo, di più calda simpatia alla vivente realtà alla storica condizione degli umani contatti ed attriti […]